martedì, dicembre 10, 2002

NO WAR TV

Martedi' 10 dicembre 2002, in concomitanza con le fiaccole su tutto il territorio nazionale, si accende per 10 ore "No War Television", per documentare tutte le iniziative legate alla campagna "Fuori l'Italia dalla Guerra" e garantire una maggiore visibilita agli avvenimenti della giornata.
No War Television trasmettera' su satellite e, dalle 22 in poi, anche in chiaro su alcune tv locali, come le emittenti che trasmettono con il marchio Europa7.
I programmi inizieranno alle ore 15, con un palinsesto diviso in tre fasce orarie:
- 15-18 filmati, documentari e testimonianze dai teatri di guerra;
- 18-21 collegamenti con le fiaccolate da varie piazze d'Italia, commenti e racconti in studio con ospiti;
- dalle 21 all'1 di notte lo studio di Roma si trasformera' in una piazza virtuale dove confluiranno persone note e non, che porteranno il loro messaggio di pace.

Nell'arco della giornata saranno, in studio o in collegamento, Alex Zanotelli, Gino Strada, Fabio Alberti, Teresa De Sio, Anna Meacci, Paolo Pietrangeli, Andrea Purgatori, Vauro, Jovanotti, Enrico Ghezzi, Marco Paolini, Gabriella Stramaccioni, Raniero La Valle e altri che confermeranno la loro partecipazione nelle prossime ore. Al momento non è stato comunicato un palinsesto piu' preciso. Per accedere agli aggiornamenti sara' sufficiente cliccare sul logo "NO WAR TV" in home page sul sito http://www.nowartv.it.

No War Television sara visibile su satellite: sul canale 150 del Goldbox (decoder Tele+ e Stream), sintonizzandosi manualmente sulla frequenza 12.520, polarizzazione verticale su Hotbird 13 gradi est. I canali per la visione in chiaro verranno comunicati sui siti internet http://www.nowartv.it e http://www.emergency.it.

lunedì, dicembre 09, 2002

Matrimoni obbligati. Una realtà ancora molto diffusa

Purchè vietati dalle leggi nazionali e internazionali, i matrimoni imposti continuano ad essere una pratica corrente in almeno 45 paesi del mondo e nelle comunità di immigrati. In Gran Bretagna, ad esempio, il ministero degli Esteri e del Commonwealth deve occuparsi ogni anno di un centinaio di casi. In India il fenomeno interessa soprattutto i bambini.
Nel 1999 una ricerca condotta dalla Society for International Development nel villaggio di Dorali, in Rajasthan, ha rivelato che l'80 per cento delle donne intervistate aveva meno di 15 anni al momento delle nozze. Il loro status di paraya dhan (proprietà altrui) le costringe infatti ad abbandonare la famiglia, spesso versando
una cospicua dote. Anche se questo sistema è stato vietato per legge nel 1961, solitamente la famiglia dello sposo continua a ricevere denaro: tra il 1997 e il 1999 la polizia del Rajasthan ha denunciato un aumento del 24,5 per cento dei casi di omicidio legati alla dote, con la morte della sposa in seguito alle liti sull'importo da pagare.
Questo fenomeno interessa anche i bambini, i quali vengono obbligati a sposarsi in tenera età per fare un buon matrimonio.

lunedì, novembre 18, 2002

Un silenzio di protesta

Mi sto chiedendo in questi tempi di overload informativo se il silenzio abbia ancora un senso.
Un silenzio che rompa il rumore dell'informazione e testimoni il valore delle parole. Dopotutto è dal silenzio che nasce la parola. Tuttavia, tutto quello che non è detto è perduto (parafrasando un mistico) ed allora si pone il problema della scelta del dire. Un problema filosofico esistenziale che mi pare possa costituire il nuovo modus operandi di quanti per professione o diletto parlano, scrivono o tacciono.
Io sto dalla parte del silenzio parlante.

martedì, novembre 05, 2002

Un patto per le donne

Ci sono numeri in Italia che parlano a favore delle donne: il 54% dei
laureati è donna, le donne leggono di più, conoscono le lingue
straniere e hanno un alto rendimento nelle professioni intellettuali.
Primeggiano nello sport e si distinguono positivamente anche nelle
attività che sono state fino a pochi anni fa loro precluse, come
la magistratura o la diplomazia o le forze armate.

Ma se guardiamo agli spazi di partecipazione nella gestione politica,
amministrativa ed economica del nostro paese, la realtà si
ribalta: solo il 9% dei parlamentari sono donne;occupazione femminile
è al 37%, gli stipendi delle donne sono mediamente più bassi del 36%,
le donne dirigenti nel settore pubblico e in quello privato sfiorano
il 16,6%. Questi numeri non sono a favore delle donne, e fanno
dell'Italia una democrazia imperfetta, un paese nel quale oltre
la metà dei suoi cittadini non trova spazio adeguato di
rappresentanza nei luoghi dove si prendono le decisioni.

Su questo punto l'Italia sembra sorda a tutti i richiami: da
quelli delle Nazioni Unite alle risoluzioni dell'Unione Europea.
Così, mentre la situazione evolve anche in paesi assai più arretrati
del nostro, da noi regredisce: tutte le nomine pubbliche - e
purtroppo spesso anche quelle private - risentono di una
visione "maschiocentrica"e dunque spesso non meritocratica.

Il Presidente del Consiglio durante la campagna elettorale ha deciso
di stipulare un Contratto con gli italiani. Durante il suo governo ha
firmato con alcune parti sociali un Patto per l'Italia.

Noi lo invitiamo a firmare un Patto per le donne, impegnandosi in
prima persona affinché, a parità di competenze, meriti e
affidabilità, garantisca anche alle donne, per quanto è in suo
potere, l'accesso al ponte di comando in modo equilibrato,
rimovendo ostacoli e pregiudizi alla loro partecipazione.

Contemporaneamente invitiamo l'opposizione, che vuole diventare
in futuro alternativa di governo, a prendere impegni precisi, ora per
allora, e dare prova di crederci, perché le donne italiane siano
al più presto realmente rappresentate.

A tutte le donne rivolgiamo un appello pressante: firmate con noi
questo manifesto. Per crescere tutte. Per crescere insieme.

Per aderire:
inviare un fax al numero: 06.36002804
o per posta elettronica: c.golfo@tin.it
o sul sito: Fondazione Bellisario

giovedì, ottobre 31, 2002

UNICEF urges demobilization and reintegration of child soldiers
Up to one quarter of the world's child soldiers in East Asia and the Pacific

Bangkok, 30 October - Noting that up to one quarter of the world's estimated 300,000 child soldiers are currently serving in the East Asia and Pacific region, the head of the UN Children's Fund (UNICEF) Wednesday called for new and concerted efforts to demobilize them and assist their reintegration into society.

In launching the results of a new study on child soldiers, UNICEF Executive Director Carol Bellamy said that the use of children as soldiers by government and non-state armies should be recognized "as an illegal and morally reprehensible practice that has no place in civilized societies".

The UNICEF study, Adult Wars, Child Soldiers: Voices of Children Involved in Armed Conflict in the East Asia and Pacific Region, says that in addition to the large number of children still serving in armed groups in the region, there are many more former child soldiers in countries no longer facing conflict.

Bellamy said Adult Wars, Child Soldiers and other research carried out in recent years in East Asia "has clearly shown that thousands of children are still being recruited - often by force - into state- and non-state armies in the region. It is time for all parties to recognize this and to work together with UNICEF and other organizations that stand ready to help bring an end to this profound abuse of children's rights."

Based on interviews with 69 current and former child combatants from six countries (Cambodia, East Timor, Indonesia, Myanmar, Papua New Guinea and the Philippines), Adult Wars, Child Soldiers provides often moving first-hand accounts of their experiences.

" The voices of these children constitute a cry for help on behalf of all child soldiers, a cry that we cannot afford to ignore." Bellamy said. "They provide compelling evidence on why children must not be allowed to become combatants and why every effort needs to be made to ensure that those still serving are demobilized and reintegrated into society."

The study calls for the systematic demobilization of all child soldiers; provision of support for their reintegration, with an emphasis on access to education and vocational training; and strengthening the capacity for provision of appropriate psycho-social care and support for former combatants.

The children and young people interviewed for the study reported numerous abuses, including brutal training regimens, hard labour and severe punishments while serving in armed groups. Some said they had been forced to witness or commit atrocities, including rape and murder, while others spoke of seeing friends and family killed.

Nearly all of the 69 children interviewed were given weapons and served in an armed group as combatants. Thirty of those interviewed provided details about the type of fighting they had been involved in, while 14 said they had fought in so many battles they could "not remember" the exact number.

The average recruitment age of those interviewed was 13 years, while the youngest soldier interviewed was forcibly recruited at the age of 7. The1990 Convention on the Rights of the Child (CRC) set the legal minimum age for recruitment at 15, while an Optional Protocol to the CRC on armed conflict outlaws the involvement of children under age 18 in any hostilities and sets strict standards for the recruitment for those under 18.

But in order to be legally bound by the Optional Protocol, which entered into forcer in February 2002, countries need first to ratify it. In East Asia and Pacific, only the Philippines and Viet Nam have done so to date (Cambodia and Mongolia are in the process of ratifying).

Bellamy said ratifying the Optional Protocol "is a crucial first step to ending the recruitment of children for armed combat and their use as soldiers. UNICEF appeals to every country in this region and in the world to make ratification and implementation of this protocol a national priority."

The study said many children reported psycho-social disturbances, such as bad dreams and nightmares, both during their involvement with armed groups and after their return to civilian life. In some cases, the nightmares have recurred for years.

"I have seen several people killed in battles with Khmer Rouge soldiers," said Visna, who was recruited when he was 12. "I remember the terror that grabbed me from out of the jungle when I could not see the enemy but could hear their voices. That fear sometimes visits me when I sleep at night."

The study noted that little is currently being done in the East Asia and Pacific region to address the psycho-social needs of such children, even in post-conflict situations.

"Successful disarmament and demobilization programmes serve to take the guns out of their hands, but we still be failing these children if do not find ways to reunite them with their families and communities and provide for their psycho-social care and recovery," Bellamy said.

The study also recommends:

Ratification of the Optional Protocol on Involvement of Children in Armed Conflict and other legal instruments relevant to the protection of children in armed conflict
Ensuring that national legislation is compatible with international standards;
Providing child rights, child protection and gender training for government military and non-state actors;

Identifying and promoting alternative non-violent ways for boys and girls to contribute meaningfully to the cause of their people and communities.

Developing prevention strategies to reduce the factors that make children vulnerable to "voluntary" recruitment.

Ensuring participation of children affected by armed conflict, including child soldiers, in all research, advocacy and programme planning activities.
For further information, please contact:

Mark Thomas, UNICEF EAPRO,
Office: (66 2) 356 9407
Home: (66 2) 661 5335
Mobile: (66 1) 866 1563

Per leggere il report
Per approfondire il tema

venerdì, ottobre 25, 2002

Pensieri

Nel silenzio trovano spazi i mille pensieri che tacciono oppressi dal rumore.
Pensieri che sono sempre stati e pensieri che nascono al momento.
Pensieri veri.

venerdì, ottobre 18, 2002

No alla guerra

No alla guerra che uccide innocenti, no alla guerra che arrichisce i potenti, no alla guerra favorita dagli armatori, no alla guerra che non risolve i problemi, no alla guerra usata come espressione di forza, no alla guerra! Si alla pace perpetua.
A Roma i Nobel per la pace

Il 19 e il 20 ottobre si riuniranno in Campidoglio per la terza volta i Nobel per la pace. Come nei due meeting precedenti, al centro del dibattito sono le politiche mondiali e il futuro del pianeta. Tema di quest'anno, "Globalizzazione e sviluppo sostenibile. Il problema dell'emergenza acqua". Da Gorbaciov a Peres, da Arafat ad Annan, ognuno esprimerà le proprie posizioni sull'argomento. E' prevista anche una sessione straordinaria su "Superamento del militarismo unilaterale: risposta alle minacce alla sicurezza dell'umanità".

giovedì, ottobre 17, 2002

Nel mondo, più di 211 milioni di bambini sono costretti a lavorare

Per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo fenomeno planetario, che colpisce soprattutto i paesi in via di sviluppo ma non risparmia neppure gli stati ricchi, il 12 giugno scorso a Ginevra, l'Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) ha preso l'iniziativa di una «prima giornata mondiale contro il lavoro minorile».
Spesso, si dà dell'infanzia un'immagine che occulta la realtà vissuta dai bambini. Una realtà che in molti paesi somiglia tuttora agli incubi descritti nel XIX secolo, nei loro allucinanti romanzi, da autori quali Charles Dickens, Edmondo De Amicis, Victor Hugo.

La globalizzazione liberista non ha davvero risolto nulla. Di fatto, «in un mondo in cui la libera circolazione dei capitali e delle merci è ormai assicurata, le industrie dei paesi del Sud possono mantenere il loro posto sul mercato solo puntando al massimo sull'unico fattore che consente loro di rimanere largamente competitive: il basso costo della forza lavoro». Senza il lavoro dei minori, sensibilmente meno remunerati degli adulti, molti paesi perderebbero la loro competitività, con il conseguente tracollo delle esportazioni e un calo drammatico delle loro entrate in valuta.

Le multinazionali non sono le ultime a trarre benefici da questo sfruttamento minorile. Se ne avvantaggiano ad esempio quelle del tabacco (Philip Morris, Altadis), delle banane (Chiquita, Del Monte), o del cacao (Cargill). Nel Malawi, ad esempio, ove l'industria del tabacco è il primo datore di lavoro, decine di migliaia di bambini sono sfruttati nella raccolta e nell'essiccazione delle foglie di tabacco. In Ecuador, bambini di 7-8 anni lavorano nei campi di banane dodici ore al giorno. In Costa d'Avorio, primo produttore mondiale di cacao, migliaia di bambini schiavi sarebbero costretti a lavorare nelle piantagioni. Il fenomeno dei bambini schiavi e il traffico di cui sono oggetto è finito sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo nell'aprile 2001, in seguito alla scoperta di una nave partita dal Benin, che batteva bandiera nigeriana - l'Etireno - con a bordo varie decine di bambini destinati a essere venduti come schiavi nel Gabon. Secondo il Fondo delle Nazioni unite per l'infanzia (Unicef), più di 200.000 bambini e adolescenti, vittime di questi traffici, sarebbero venduti e comprati nell'Africa centrale e occidentale.

Persino nei paesi ricchi, quasi 2 milioni e mezzo di bambini di età inferiore a 15 anni - ai quali si devono aggiungere 11,5 milioni di adolescenti tra i 15 e i 17 anni - lavorano, in condizioni spesso faticosissime e molto rischiose, nell'agricoltura, nell'edilizia, nelle fabbriche tessili e nei calzaturifici: 120.000 negli Stati uniti, 200.000 in Spagna, 400.000 in Italia e oltre due milioni in Gran Bretagna. Per affrontare questa drammatica realtà, a 12 anni dal Vertice mondiale per l'infanzia organizzato dalle Nazioni unite nel settembre 1990 a New York, un nuovo Vertice per l'infanzia si è tenuto nel maggio scorso, presso la sede dell'Onu, con la partecipazione di circa 500 ragazzi venuti da oltre cento paesi. Kofi Annan ha aperto i lavori con una constatazione severa: «In fatto di tutela dei diritti essenziali dell'infanzia abbiamo miseramente fallito».
Bisogna dire che le cifre sono agghiaccianti. Oltre mezzo miliardo di minori vivono con meno di un euro al giorno. I bambini sono i più duramente colpiti dalla miseria, di cui porteranno per tutta la vita le conseguenze psicologiche e fisiche. Più di 100 milioni di bambini non sono mai andati a scuola, a causa dell'indigenza o perché vittime di discriminazioni. E sono 121 milioni i bambini di meno di cinque anni che muoiono ogni anno. Questo vuol dire che ogni giorno muoiono 30.000 bambini. Uno ogni tre secondi... Tra il 1990 e il 2000, in conseguenza dei conflitti armati, più di un milione di bambini hanno perso i genitori o sono stati separati dalle famiglie; e oltre 300.000 sono stati reclutati come soldati. Più di due milioni sono stati massacrati nelle guerre civili, più di 6 milioni hanno subito ferite o mutilazioni o sono handicappati a vita; 12 milioni sono stati privati di un tetto, e circa 20 milioni sono stati cacciati dalle loro case.
Come se non bastasse, ogni anno più di 700.000 bambini sono vittime del traffico di esseri umani, trattenuti contro la loro volontà in condizioni di schiavitù, a causa, secondo l'Onu, «della domanda di manodopera a buon mercato, e di quella, in crescita, di bambine e bambini per il commercio sessuale».
Penosa è soprattutto la sorte delle bambine, che sono oggetto di tutte le discriminazioni. Su un centinaio di milioni di minori non scolarizzati nel mondo, le bambine sono 60 milioni. Si valuta che da 60 a 100 milioni di bambine vengono uccise allo stato fetale o dopo la nascita, o sono vittime di malnutrizione e mancanza di cure a motivo del loro sesso. Tra i minori addetti ai servizi domestici - in maggioranza rispetto ad altri tipi di lavoro - più del 90% sono bambine tra i 12 e i 17 anni. In talune regioni dell'Africa e dell'Asia, il tasso di sieropositività delle bambine al virus dell'Aids è cinque volte maggiore di quello dei maschi.

Davanti a un tale scandalo, riascoltiamo il grido lanciato con voce ferma, a nome di tutti i bambini sfruttati del mondo, da una tredicenne boliviana, Gabriela Azurdy. Nel maggio scorso all'Onu, davanti a 70 capi di stato e centinaia di ministri di 189 paesi, Gabriela ha detto: «Noi siamo le vittime di sfruttamento e di abusi di ogni genere.
Siamo i bambini di strada, i bambini in guerra, gli orfani dell'Aids, siamo le vittime, e le nostre voci non trovano ascolto. Tutto questo deve finire! Vogliamo un mondo degno di noi ...». Ignacio Ramonet, Le Monde diplomatique – Luglio 2002

EMIGRAZIONE NOTIZIE
A CURA DI RITA RICCIO

giovedì, ottobre 10, 2002

LETTERA DI GINO STRADA: "UNO STRACCIO DI PACE"

Cari amici,
"Fuori l'Italia dalla guerra", firmato ormai da oltre duecentomila persone, non è più soltanto un appello, ma diventa una iniziativa per sensibilizzare i cittadini, le
famiglie italiane. Siamo convinti - e ne abbiamo ogni giorno nuove conferme - che la grande maggioranza dei nostri concittadini sia contraria alla guerra, in particolare alla nuova guerra contro l'Iraq che è ormai all'orizzonte. Per rendere visibile questa "opinione pubblica" che crediamo trascurata e oscurata da molti giornali e televisioni, chiediamo un gesto, una testimonianza: appendere stracci bianchi, bandiere di pace, alle finestre e ai balconi delle nostre case e dei luoghi di lavoro ma anche annodare un piccolo straccetto bianco al polso, alla borsetta, allo zaino, alla bicicletta, al guinzaglio del cane: ovunque sia visibile. Uno straccio di pace è un modo semplice per far sapere che vogliamo trovare nuove forme di stare insieme, nuovi modi per risolvere i problemi che non siano la
violenza, il terrorismo, la guerra. Dobbiamo vincere una sorta di pudore, di timidezza, e dobbiamo credere che sia possibile: se i duecentomila che hanno firmato l'appello di Emergency - e ogni giorno diecimila persone si aggiungono all'elenco - esponessero uno straccio di pace - la cosa non potrebbe più essere ignorata o censurata.
Duecentomila stracci di pace potrebbero addirittura rappresentare una massa critica capace di innescare una reazione a catena.
E' una scommessa difficile, ma non dobbiamo perderla. O riusciamo a tenere "Fuori l'Italia dalla guerra" o non sarà possibile neppure tenere la guerra fuori
dall'Italia. E' un impegno che vi chiediamo, è la prima di tante iniziative che, insieme con altre organizzazioni, vi proporremo per i prossimi mesi.
Tenere l'Italia fuori dalla guerra è davvero nelle nostre mani. Buon lavoro a tutti noi.

Gino Strada
www.emergency.it

martedì, ottobre 08, 2002

DISOBBEDIENTI PER COSTITUZIONE: MODIFICARE LA "CARTA" PER DIFENDERLA

Il diritto di disobbedire ai governanti in caso di mancata e palese violazione degli stessi principi sanciti dalla Costituzione. È quanto propone la deputata Elettra Deiana in una proposta di legge presentata alla Camera. Una modifica dell'articolo 54 che permetta di esercitare il diritto all'obiezione di coscienza nel pieno rispetto della legge e di opporsi così più efficacemente ad abusi di potere, come nel caso della 'Bossi-Fini' o della partecipazione italiana ad un futuro attacco all'Iraq.
Missile israeliano sulla folla

Ancora morti e morti innocenti. E' l'ennesimo fatto di cronaca che vede coinvolti civili. E' la morte della politica o più semplicemente il trionfo dei violenti?
GIORNATA EUROPEA DELLE PERSONE DISABILI

La Commissione europea ed il Forum europeo sulla disabilita', per celebrare la Giornata europea delle persone disabili che ha luogo il 3 dicembre di ogni anno, stanno organizzando il concorso:

"Hai tra i 10 e i 15 anni? Come cambieresti il mondo perche' sia a misura delle persone con disabilita'? Illustra il tuo progetto con un disegno".

Il termine ultimo per il ricevimento delle candidature e' il 15 ottobre 2002.

Maggiori info:
http://www.eddp.org/eddp/competition/comp_cont.jsp?lang=6

lunedì, ottobre 07, 2002

Trenta ore per la vita: stop alla solidarietà

Mediaset ha sospeso la trasmissione condotta da Lorella Cuccarini Trenta ore per la vita. Un appuntamento che da otto anni coinvolgeva i telespettatori nella raccolta di fondi a favore di associazioni terze per poter realizzare i loro progetti di solidarietà.
Grazie al sostegno dei donatori e a quello di sponsor pubblici e privati, Trenta ore per la vita ha raccolto in totale oltre 73 milioni di euro, serviti a sostenere 550 progetti a favore di 25 associazioni, tra cui l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), l’Ail (Associazione italiana leucemie e linfomi), la Lega italiana per la lotta contro i tumori, l’Assofa (Associazione di solidarietà familiari).
Ma l’iniziativa deve comunque andare avanti, anche senza l’appoggio dei riflettori. “Trenta ore per la vita", può contare su un sito Internet e su un rapporto ormai consolidato con i donatori, che sono stati finora 1.300.000, dei quali quasi la metà abituali.
Il lavoro procederà: l’associazione è attiva tutto l’anno e continua a cercare visibilità tramite giornali, radio e Tv locali.
Per capire il significato di "Trenta ore per la vita", al di là delle cifre, basta visitare il sul sito Trenta Ore.
BuonBlog a tutti!
Un inizio banale per una blog speciale. Da piccolo avrei voluto fare il poeta e lo scrittore; poi ho dovuto fare i conti con la mera realtà e più importante è divenuta la questione della sopravvivenza. Niente è ancora perduto. Oggi per esempio do vita a questo blog che spero diventi il punto di incontro per riflessioni collettive su tutti i temi che interessano l'uomo. Nessuna censura, sempre rimanendo nella legalità, nessun pregiudizio.
Grazie per l'attenzione.